Al seminario di alta formazione della Scuola di economia civile di Firenze, abbiamo vissuto un’esperienza capace di arricchire i passi che stiamo percorrendo per la costruzione di un distretto di economia civile. Impegno del quale la Fondazione di comunità Val di Noto ci ha incaricati, insieme a L’Arcolaio di Siracusa.
Una tre giorni che ha setacciato i significati più concreti del tema “luoghi, imprese, comunità”, come paradigma di quell’economia civile che permea tutti gli aspetti della vita e che è il motore del cambiamento reale. Per reinventare lo “stare in questa terra in maniera umana”.
Proprio dai luoghi partiamo, perché è lì che abitiamo ed è lì che serve veicolare cura ed educazione, per esaltare quella bellezza che appartiene ad ogni spazio di comunità.
Durante la prima giornata di lavori, guidati dalla vicepresidente della SEC e docente di urbanistica Elena Granata, insieme a Fiore De Lettera, abbiamo approfondito la figura del placemarker, come inventore di luoghi, persona capace di attivare risorse creative per uno sviluppo locale sostenibile.
Prima che un tecnico, il placemarker è una persona capace di vedere la realtà in maniera diversa rispetto ad altri: evita di mettere ogni cosa in una funzione ma pensa che ogni luogo sia un po’ questo e un po’ l’altro. Esempi di questo approccio sono il giardino per la chemioterapia del Policlinico Gemelli dove i pazienti possono sperimentare un contatto diretto con la natura, massimizzandone gli effetti benefici. Oppure, le catacombe di San Gennaro, luogo di grande valore artistico ma anche possibilità di riscatto e lavoro per i giovani in difficoltà. Ma affinché questo scatto di pensiero, questa capacità di “vedere altro” sia possibile, ci vogliono persone che vivano quell’eccedenza che va oltre ciò che la professione richiede.
Ogni luogo di cura e di educazione necessita di bellezza. E dobbiamo imparare dalla natura a reagire alla natura, trasformando ogni problema nella sua soluzione. Un tema che durante la seconda giornata abbiamo toccato con mano, passeggiando tra le foreste del Monastero di Vallombrosa: dove prima i monaci hanno impiantato alberi è sorta la Scuola forestale più importante d’Italia. Oggi, qui, la “Compagnia delle foreste” studia i sistemi che consentono di accrescere e non perdere vegetazione, per fronteggiare la crisi climatica. Abbiamo così vissuto dall’interno una natura che sa adattarsi, che sa proteggere, che avvolge con maestosità e bellezza.
Nel pomeriggio, l’economista Luigino Bruni, è tornato su questo tema attraverso la contrapposizione tra animale e vegetale. Passare dalla modalità “animale” alla “vegetale” vuol dire passare da una situazione che genera costantemente tensioni a una che sopravvive “rimanendo fermi”. Un concetto che in economia civile si traduce con il passaggio da un’organizzazione piramidale a una di tipo cooperativo dove si sviluppa più facilmente il codice della fraternità, quello che supera “carne e sangue”.
Nella terza giornata, Vittorio Pelligra, docente di Politica Economica all’università di Cagliari ed esperto in economia comportamentale, ha sviluppato il tema delle radici come “formule e trappole della vita in comune”. Ha ricordato cioè la nostra interdipendenza, sottolineando come noi “non siamo in relazione ma siamo relazione”. Questo vuol dire passare da un’organizzazione del lavoro e della vita basata sugli incentivi o da forme di cooperazione “condizionale” che facilmente declinano, a processi che attivano la fiducia, lubrificante del sistema sociale. Occorre cambiare paradigma: come insegna il lascito di Antonio Genovesi, maestro riconosciuto della Scuola di economia della seconda metà del Settecento, “l’uomo per natura è amico dell’uomo”. Certo la fiducia va attivata con vigilanza, ma non le vanno mai chiusi gli spazi perché è proprio la fiducia a generare affidabilità.