Cos’è una vita
una vita nella vita
immensa incommensurabile.
La mia ha preso senso
dal non esser più, dall’essermi
stata tolta ma non era mia,
era del mondo, era della vita.
Signore, la mia vita
in te, presso di te è misteriosamente
tua e mia.
Pure tra gli uomini,
i poveri, i reietti
tra i quali sono stato
a faticare, questo almeno resti:
gli uomini d’onore non sono neanche uomini,
sono meno che uomini, si degradano da soli
al rango di animali
aiutali a liberarsi dall’indegnità
ma aiuta prima di tutto le loro vittime.
Aiuta, ti prego, coloro che li aiutano.
Il fiore del dolore, Mario Luzi – Prologo
Per continuare a raccontarvi dei nostri “Trent’anni con Don Puglisi”, oggi vi raccontiamo di questa nuova foto che ha preso posto nel nostro salone: in quello che per noi è lo spazio degli incontri, ci è sembrato di poterne rendere possibile uno attraverso la storia, congiunzione di sguardi che per noi rappresentano il senso della testimonianza, mettendo una foto di don Roberto Malgesini di fianco a quella – sempre presente – di Don Pino Puglisi.
Don Roberto è stato ucciso a Como il 15 settembre dell’anno scorso, esattamente 17 anni dopo quel 15 settembre del 1993 che aveva visto Don Pino cadere a Brancaccio col sorriso sulle labbra.
«Il Beato don Pino e don Roberto risvegliano in noi la vocazione cristiana che amplifica e porta alle estreme conseguenze la chiamata della vita: ‘esserci-per-altri’, vivere non da ripiegati, ma da eretti, alzati, non schiavi schiacciati dall’io, ma figli liberi perché altri ci siano dati come fratelli e non come nemici e concorrenti, e perché diventino a loro volta tessitori di fraternità», ha scritto quel giorno Mons. Corrado Lorefice.
Con la Caritas di Modica lo avevamo conosciuto, Don Roberto, qualche anno fa, e custodivamo il ricordo della sua mitezza evangelica.
Anche il suo vescovo, il Vescovo di Como Oscar Cantoni, definendolo «un nuovo martire della carità», lo ha ricordato come un prete felice, «felice di amare Gesù servendolo nei poveri, nei profughi, nei senza tetto, nei carcerati, nelle prostitute», un prete che «nei poveri riconosceva la carne viva di Cristo, a cui si era donato attraverso uno speciale ministero di carità spicciola, indirizzato alle persone singolarmente prese, a cui offriva tempo, energie, delicate attenzioni e premure, soprattutto un grande cuore».
Ricordiamo spesso, tra le parole della nostra Casa (quelle che abbiamo definito forti e riconoscibili per la nostra famiglia), le parole del prologo che Mario Luzi scrisse per Il fiore del dolore, dedicate a Don Pino: una preghiera per chi è perseguitato, che è sempre anche una preghiera per chi perseguita. «Aiutali a liberarsi dall’indegnità, ma aiuta prima di tutto le loro vittime».
Ecco perché gli sguardi di Don Pino e di Don Roberto oggi brillano insieme nel nostro Salone, dove i bambini di pomeriggio fanno i compiti, dove la sera spesso elaboriamo riflessioni e messaggi per la città: che sia uno sguardo capace di ricordarci sempre i numerosi destinatari di questa sempre viva preghiera.