L’unione di forze diverse è sempre una ricchezza: ed è la prima valenza del “Programma Mobilità” promosso da Caritas Italiana insieme ad altre Caritas europee e del Nord Africa. Come si può intuire dal titolo si tratta di un’attività volta allo scambio sul tema delle migrazioni e soprattutto al rafforzamento delle realtà che operano nei paesi di partenza e di transito. A febbraio si terrà un incontro a Tunisi, rivolto soprattutto agli operatori diocesani con un focus particolare sulla donna migrante. Ogni Caritas nazionale si è impegnata a coinvolgere due operatori diocesani che potranno intervenire a questo atelier, che avrà inizio giorno 11 e terminerà giorno 15 febbraio, presso la sede della Caritas di Tunisi. La Caritas Italiana ha pensato di chiedere una disponibilità a me, che ho già avuto esperienze in quel contesto, e a Daniele Albanese, un operatore della Caritas di Biella e anche collaboratore della Caritas Italiana. Dopo aver accettato, abbiamo proceduto a contatti diretti e tramite Skype, al fine di ben comprendere l’obiettivo del Programma Mobilità in Tunisia: scambiare buone pratiche, concretizzate nelle nostre realtà locali, riguardo a progetti su donne straniere, per poi ritornare arricchiti e magari riproporre nel proprio territorio le esperienze delle altre Caritas. Saranno otto le Caritas nazionali coinvolte: Tunisia, Italia, Marocco, Algeria, Spagna, Francia, Mali e Mauritania. Ogni Caritas opera in maniere differenti, dati i diversi contesti territoriali. Tuttavia, uno scambio di realtà così diverse può avere come effetto quello di arricchirci e di sentirci più vicini nel nostro servizio. Potrà sbocciare qualche stretta collaborazione con Caritas di altri paesi, potranno nascere amicizie tradotte in gesti concreti di vicinanza e ulteriori scambi futuri. Potranno nascere solo bellezze. Durante l’atelier a Tunisi, ognuna delle otto Caritas presenterà una sola buona pratica da condividere con i presenti e su cui successivamente lavorare insieme per poi, infine, creare un documento scritto da pubblicare e far giungere nei propri luoghi. La coordinatrice dell’evento (Fleur), insieme con il referente della Caritas italiana per il programma (Mazzarella), hanno selezionato, come buona pratica da presentare, quella della realtà della Casa don Puglisi. Dall’esperienza della Casa, infatti, si possono scorgere plurime buone pratiche da condividere. Innanzitutto, essendo una Casa che accoglie persone straniere e italiane, rappresenta già essa stessa una piccola comunità fatta di tante diversità: l’integrazione parte dalla Casa, dal suo interno. Aiutando a fare esperienza di Casa fino a interiorizzarla si vogliono porre le basi perché effettivamente ogni nucleo accolto abbia la capacità di costruire una propria casa. Tra l’altro, da quest’esperienza si può apprendere come possa accadere, se lo si vuole, che a partire da una cosa ne nasca un’altra: a partire dalla Casa sono nate due realtà lavorative, senza averlo previsto o programmato quando la Casa è nata, la Focacceria e il Laboratorio dolciario don Puglisi. Le nuove realtà sono nate in itinere, nell’ottica di un percorso di indipendenza e occasione professionale per le donne. Un’ulteriore buona (e fondamentale!) pratica è quella di rispondere a Dio e fidarsi di lui, custodendo radici spirituali, gratuità, valenza educativa e di segno per la città. I bambini della Casa certificano queste buone prassi nel momento in cui, cercandosi tra di loro, dicono “Abbiamo un segreto, il segreto della Casa don Puglisi: siamo una famiglia”. Tutto questo può riproporsi in altri territori differenti dal nostro. Per la Caritas di Noto, il Programma Mobilità rappresenta un’occasione singolare e autentica per condividere prassi di opere caritative della nostra diocesi in un contesto ampio e di conoscere esperienze simili. Ci auguriamo di creare un percorso condiviso con altre Caritas di realtà lontane perché la cifra della ‘Casa’ possa essere offerta, in tempi di indifferenza e di chiusura, come aiuto a rendere – come ama dire papa Francesco il mondo più ‘domestico’ (cf. Amoris laetitia 183).
[Irene Cerruto]