La gratuità e l’impegno verso l’altro alla base dei beni relazionali

La gratuità e l’impegno verso l’altro alla base dei beni relazionali

La gratuità e l’impegno verso l’altro alla base dei beni relazionali 2000 1000 Casa Don Puglisi

Oggi torniamo a parlare di beni relazionali e lo facciamo approfondendo insieme a voi la gratuità, la reciprocità e l’impegno verso l’altro che caratterizzano questi beni, fondamentali per l’uomo e per l’economia civile che guida le iniziative della nostra Casa, luogo di accoglienza, ma anche di ripartenza e di cooperazione.

Ecco un estratto da Donna Economia. Dalla crisi a una nuova stagione di speranza:

L’economia vede individui, e non relazioni. Ma un’economia pienamente umana potrebbe avere uno sguardo più ampio. Abbiamo già evidenziato quanto le relazioni siano una componente fondamentale della qualità della vita, ma negli ultimi anni si è assistito a una (ri)scoperta dei beni relazionali, sia nelle scienze sociali, sia in campo economico.

Una teoria “positiva”, infatti, della felicità si pone sulla scia della tradizione classica (aristotelico-tomista e quella dell’economia civile), secondo cui la vita buona o felice è profondamente legata alla qualità dei rapporti con gli altri.

La categoria chiave in questo discorso è quella di “bene relazionale” che ormai è entrata a far parte del lessico economico.

La felicità, quindi, dipende profondamente dai rapporti interpersonali, dai beni relazionali. I beni relazionali sono importanti per una vita buona, non sono soggetti all’effetto di adattamento, o lo sono molto meno dei beni di comfort — un amico è diverso da un paio di scarpe nuove —, non sono soggetti alla competizione posizionale perché non sono beni vistosi e non sono svalutati dal rullo delle aspirazioni. La caratteristica base dei beni relazionali è la gratuità. Nel senso che un bene relazionale è tale se la relazione non è strumentale, se è vissuta in quanto bene in sé, se nasce da motivazioni intrinseche. Il bene relazionale è un be-ne dove la relazione è il bene stesso. Una relazione che non è un incontro di interessi, ma un incontro di gratuità. E il bene relazionale richiede motivazioni intrinseche nei confronti di quel particolare rapporto. Non si può simulare.

L’allargamento dei mercati crea spersonalizzazione dei rapporti, diminuzione della fiducia, opportunismo, ecc. Questo porta a diminuzione dei beni relazionali e sempre maggiore richiesta di rapporti genuini.

Questi beni possono avere dei sostituti costosi: negli Stati Uniti, oggi sono in molti a pagare per un’ora di ascolto, o per l’accesso a un club! Ovviamente, un’ora di ascolto a pagamento non è un perfetto sostituto di un’ora in compagnia di un amico. E si può innescare un circolo vizioso che porta a lavorare sempre di più e a “comprare”, quindi “spersonalizzare” le relazioni interpersonali.

Inoltre, i beni relazionali hanno una caratteristica particolare: per “usufruirne” bisogna impegnarsi in prima persona. Non si possono godere i frutti di un’amicizia senza coltivarla, senza spendere tempo per gli amici. Ricorrendo a forme meno impegnative di risposte ai bisogni relazionali (ora di ascolto a pagamento, incontri via internet…), si perde anche la capacità di coltivare rapporti veri e profondi. Quindi, più si sente il bisogno di “comunione” e più ci si allontana da essa. I beni relazionali sono costosi e rischiosi, sono vulnerabili e fragili rispetto alle scelte degli altri. Essi non possono essere acquisiti da un individuo isolato, ma richiedono reciprocità. Se pensiamo a un’amicizia, ad esempio, alla base c’è sempre un uscire da se stessi, un fare il primo passo. L’altro può ricambiare o meno: per questo si dice che è un bene fragile, perché è come consegnarsi nelle mani dell’altro.

(Alessandra Smerilli, Donna Economia. Dalla crisi a una nuova stagione di speranza, Edizioni San Paolo, Milano 2020)