“Dove si è chiamati a servire il Vangelo si resta senza fuggire”: così ha fatto don Puglisi, così accade in tante zone del mondo a iniziare dalla diocesi gemella di Butembo-Beni e così si raduna e rafforza la comunità dei discepoli di Gesù in un territorio.
Lo ha sottolineato don Fortunato Di Noto alla fine della sua omelia celebrando la messa per i 28 anni della Casa don Puglisi e per il venticinquesimo del martirio del parroco di Brancaccio. Cuore del messaggio di don Puglisi – ha detto ancora don Fortunato – è un amore incarnato, che fa ricordare tanti altri testimoni e che diventa vittoria sull’inferno costituito da tanta violenza sugli innocenti (va ricordato che don Fortunato è impegnato da trent’anni con Meter contro le violazioni dell’infanzia, soprattutto sul web). Una vittoria generata dalla fede in Dio Padre: il Padrenostro condensava per don Puglisi il Vangelo, vera alternativa al sistema mafioso. Il Padrenostro è stato per la Casa l’ispirazione di un impegno la cui coralità si riflette nella variegata e bella presenza di volontari, amici, giovani. Con l’abbraccio ecclesiale testimoniato dalla presenza affettuosa di don Stefano Modica, parroco moderatore della comunità di parrocchie entro cui è collocata la Casa; di frate Antonello Abate, parroco di San Pietro, a dire anche una dimensione più larga e un legame storico fatto di relazioni (già dai tempi di Mons. Gambuzza, e poi di padre Carmelo Lorefice e di don Corrado Lorefice); dei missionari padre Gianni Treglia e padre Vittorio Bonfanti. E la messa si è prolungata in una bella, spontanea, serata di fraternità che testimonia come la Casa, dono di Dio, è un luogo in cui si dà ma soprattutto si riceve.
Certo, l’invito a dare resta: soprattutto un aiuto per i compiti dei bambini. Per onorare don Puglisi, per vivere la messa continuandola nella vita, per sperimentare la gioia che nasce dal servizio