Lasciarsi trafiggere ma anche risanare il cuore, e così offrire una radice di vita nuova alla città. Questo l’obiettivo del cammino di lectio divina che, ogni terzo venerdì, raduna nell’ascolto di Dio animatori Caritas e altri amici, con la presenza delle Monache Benedettine. Un obiettivo alto: certo, ma affidato a Dio anzitutto, e non a proprie bravure. Significativamente…. in alto! Ovvero nell’istituto San Benedetto da cui si gode una vista ampia della città e che diventa per l’occasione come la “terrazza di Dio”. Con l’aiuto di don Christian Barone, docente di teologia e assistente della Caritas diocesana, si apprende come la fede struttura vita e relazioni leggendo gli Atti degli Apostoli. Dopo il primo incontro sul dinamismo dello Spirito che genera un popolo nuovo, nel secondo incontro al centro c’è stato un episodio traumatico che testimonia l’onestà dell’autore nel raccontare la vita della prima comunità cristiana: Anania e Saffira dicono di mettere in comune i beni ma invece “trattengono una parte per sé, e lo fanno con inganno”. Per cui muoiono! Mentre si vive la bellezza della comunione, la comunità primitiva sperimenta il male, sperimenta come il male rovina chi lo fa ma diventa un pericolo anche per la comunità. Nel trattenere per sé opera il “nemico”. Per questo si fa un processo ai due coniugi che, con la loro ipocrisia, hanno tradito comunione e credibilità. Si fa un processo perché il male venga smascherato. E il senso di timore possa riaprire all’azione dello Spirito che fa vibrare i cuori, aperti a Dio senza riserva, come le corde dell’arpa. Il processo presieduto da Pietro non è allora anzitutto contro i due coniugi ma contro il male che frantuma il cuore di chi lo compie, che divide la comunità, che copre il volto con maschere. Aiutando a capire che non possono coesistere dedizione a Dio e trattenere per sé, che la vita va pensata integra e non a compartimenti stagno, che la fede deve prendere tutta la vita, che il tempo e ogni opportunità sono preziosi per la salvezza. Non bisogna allora partire – ha sottolineato don Christian, che con sapienza ha reso intellegibile alla mente e al cuore il testo – da Anania e Saffira ma dall’unità della comunità che Dio vuole preservare. E Dio vince il male – questo il senso di questa morte improvvisa dei colpevoli di inganno – e si pone come garante. Peraltro, ognuno dei due coniugi ha compiuto il male insieme all’altro ma è interpellato personalmente: la responsabilità resta personale, non dobbiamo attribuire gli errori ad altri o alle circostanze. Ma il peccato pesa sulla comunità, e allora è dalla comunità che passa il perdono. Per questo non ci si confessa da soli ma si passa per la Chiesa (il termine viene usato per la prima volta proprio in questo brano). E la percezione nelle risonanze è che occorre lavorare sulla propria libertà, che occorre evangelizzare anzitutto il proprio cuore, ma anche sentire la responsabilità e bellezza di essere Chiesa. Che il Signore accompagna con la sua Parola, indicando la via ma anche correggendo. E la Caritas, lasciandosi istruire dalla Parola, ha più garanzie di restare strumento di Dio, testimonianza di Vangelo, felicità vera, quella di chi – avendo il cuore integro, puro – vede e mostra Dio. La carità allora sarà evangelica, sarà nel dono senza nulla trattenere. La prossima lectio sarà il 21 dicembre, sempre alle 21 all’Istituto San Benedetto, ma venerdì 30 novembre, alle 18, intanto ci sarà la messa e adorazione per la città nella chiesa di Santa Teresa, iniziando l’itinerario che porterà nei mesi successivi a Crisci ranni, in Ospedale, a Treppiedi Nord.