Sono logiche opposte quelle del dono e quelle del calcolo: lo ha sottolineato con chiarezza il missionario don Gianni Treglia nella sua meditazione sulla Passione per gli animatori Caritas al Monastero delle Benedettine di Modica, luogo contemplativo per eccellenza della città, radici (i carismi contemplativi e la dimensione contemplativa fondamentale per tutti) del tronco (la chiesa, la comunità) chiamato a dar frutti (la carità come sostanza della vita cristiana e come servizio specifico). All’inizio della Passione secondo Marco emergono subito i contrasti tra le logiche di potere e i gesti del dono, e poi ritornano di continuo. Nel calcolo si spadroneggia, si opera con la menzogna, si ha come frutto la morte. Come non pensare alle ingiustizie e alle violenze odierne? Come non pensare al punto basso della storia a cui stiamo arrivando con tanto odio verso i migranti e con i fatti recenti per cui soccorrere vittime diventa un reato? E però quando il buio “mangia” la luce, esso scompare. La luce ha la forza di rinnovare il mondo a partire dal gesto bello raccontato nella cena di Betania, a casa di Simone il lebbroso quando una donna rompe un vaso di alabastro e unge Gesù riconoscendolo il Messia in anticipo sulla sua resurrezione. La luce è quel vaso di alabastro rotto come rotta sulla croce sarà la vita di Gesù, la luce è il profumo del dono che contrasta ogni odore di morte, evocato da Betania (casa dei poveri) e dalla lebbra (che fa puzza di morte). La luce è il gesto bello della donna perché anticipa il dono della vita che Gesù farà sulla croce: a dirci che capisce Dio solo chi agisce come lui. Non è intellettuale la conoscenza di Dio, non è un’appartenenza precostituita, ma la scoperta di un amore così grande da non poter fare a meno di imitarlo. Un amore che ha il volto del povero e lo stile della relazione mentre l’elemosina è un incidente di percorso. Una mamma e un papà ama i figli con l’elemosina? Nemmeno i poveri, che avremo sempre con noi e in loro si ripresenta Gesù, si possono amare con l’elemosina ma solo rompendo schemi e superando calcoli. Fino ad entrare nel mistero di amore di un Padre che ci ama mettendo al rischio il Figlio, a dire quant’è grande il suo amore se confrontato con i padri naturali che eventualmente rischiano loro e non fanno rischiare i figli. Il Padre ha messo il rischio il Figlio perché solo così potevamo imparare a vivere da figli e quindi da fratelli, da figli che sanno di poter contare sul Padre. E questa fraternità dopo l’ascolto del vangelo nel contesto dell’adorazione eucaristica insieme alla comunità monastica, è diventata racconto di incontri con realtà che vivono logiche di dono senza calcolo. L’animatrice di Policoro ha raccontato del lavoro buono, centro della settimana sociale dei cattolici, mentre due animatori hanno raccontato della loro esperienza in Calabria e Campania, incontrando una scuola che usa lo stile di don Milani e fa crescere ragazzi capaci di parola, condividendo la povertà e la preghiera dei frati minori rinnovati, conoscendo esperienze che seminano il bene con coraggio nelle frontiere di Scampia o della tratta delle donne nigeriane. Il luogo contemplativo, l’ascolto della Parola guidato con grande sapienza da padre Treglia e il legame con la vita suggeriscono di entrare nella Settimana Santa come vero passaggio alla vita, rinascendo attratti da un amore così grande come quello manifestato sulla Croce e nei testimoni, da quelli feriali a quelli che stanno accompagnando tanti giovani (e meno giovani) di Modica nelle esperienze promosse dalla Caritas come don Milani, Adriano Olivetti, don Puglisi – di cui ci si prepara a celebrare il venticinquesimo del martirio. E poi la Settimana Santa continuerà con gli appuntamenti di Crisci ranni, a dire a tutta la città che le logiche del dono possono rigenerare anche il tessuto sociale e la passione educativa a favore delle nuove generazioni.