Non ce lo aspettavamo fino a questo punto, eppure era nell’aria! Si sta attivando sui migranti una artificiosa contrapposizione, fatta di slogan, luoghi comuni non verificati e di muri mentali e psicologici. Il problema è complesso e avrebbe bisogno di seri e articolati ragionamenti e di limpida sensibilità, e invece si gioca sulla paura e su semplificazioni tanto comode quanto superficiali. Vorremmo rilevare, dal punto di vista della Caritas come organismo pastorale e pedagogico, solo su un paio di punti, sperando che si possa riprendere a ragionare con molti con aderenza alla realtà, sensibilità umana, lettura storica attenta ai molti elementi in gioco (compresi gli stili di vita e di pensiero che spesso non rendono lucidi, come notava lo storico martire Marc Bloch) e quello sguardo messianico, invocato anche da autori laici, che solo rende conto alle vittime delle ingiustizie. Anzitutto vorremmo chiarire che non c’è un buonismo cattolico. Ci sono piuttosto sensibilità evangeliche (condivise con tanti uomini di buona volontà) e riflessioni ecclesiali (condivise con tanta gente che pensa con misura) che mettono al centro la sensibilità per l’uomo sofferente. Con pensieri attenti alla realtà (non si può fermare l’immigrazione, non si possono accettare patti con una Libia dove si praticano torture e violenze) e con la sperimentazione di vie alternative praticabili (come testimoniano i “corridoi umanitari”). E nel nostro territorio non ci sono opere caritative particolari per gli immigrati, proprio per evitare di essere confusi con un mondo anch’esso complesso come la rete di aiuto dei migranti. Ci sono segni e gesti, come “rifugiato a casa mia”, attivato soprattutto a Modica, e “presidio”, attivato a Pachino. Ovvero gesti di accoglienza e relazioni realizzate in famiglie e parrocchie che hanno accolto migranti: gesti che permettono di comprendere come, se ci sono cammini veri e seri, il migrante si integra e non fa più paura. Insieme ai gesti di accoglienza ci sono presenze come l’andare in campagna ad ascoltare, con Presidio, storie di sfruttamento e solitudine ma anche cogliere come è difficile per gli imprenditori agricoli muoversi tra crisi e prepotenze mafiose nelle nostre economie. E così aiutare cammini comuni di riscatto! C’è, diremmo con Pascal, un pensare gemendo: questo l’altro punto che preme rilevare e che diventa invito a tutti! Cerchiamo di coltivare un pensare attento al gemito di chi muore appena arrivato come Tesfom all’Ospedale di Modica, morto per quanto subito in Libia e per gli stenti della traversata. Egli portava con sé un sacchetto di plastica con delle poesie, chiedendo in una: “se siamo fratelli, perché non chiedi notizie di me?”. E nell’altra testimoniando la fiducia che “con Dio ce la faremo ad avere un mondo nuovo”. Ed ecco che il pensare diventa attenzione al gemito di un mondo nuovo che nasce: quello in cui vogliamo capire chiedendo notizie, ascoltando storie e incontrando volti. Non buonismo, ma verità, verità della vita! Quanto all’aggettivo cattolico, questo sì ci sta bene! Per due motivi. Perché aperti a tutto il mondo (questo significa “cattolico”) come uomini. Perché figli di una Chiesa che, per suo DNA, viene dalle genti e testimonia che tutti siamo pellegrini, persone che portano nel proprio zaino l’essenziale e non lo svendono facilmente: un Pane che nutre e genera condivisione, perché libera da ogni paura o presunzione e da ogni forma di pensiero a tavolino. Fiduciosi nella provvidenza di Dio e in ascolto della sua Parola, ci mettiamo accanto ad ogni uomo guardato e amato come fratello e offriamo pensieri e gesti che possono aiutare anche la politica e l’economia a guardare in prospettiva, per una comune e larga felicità e la crescita della civiltà.
Maurilio Assenza
Direttore della Caritas diocesana di Noto